PROLOGO: Starkesboro,
Massachusetts
La vita, per Rahne Sinclair, era sempre stata
misurata per gradi di difficoltà, fin dall’infanzia dominata dall’aggressiva
figura di suo padre, il Reverendo Craig. Cresciuta in un ambiente spartano, rigoroso,
senza avere mai neppure visto il volto di sua madre, che morì dandola alla
luce, da Craig la ragazza non aveva certo avuto alcun conforto… No, lui,
incapace di accettare di avere una licantropa
per figlia, aveva dedicato ogni sforzo per sopprimere la sua vera natura; fino
ad arrivare al punto di cercare di sopprimerla fisicamente nel giorno in cui i
suoi poteri si manifestarono per la prima volta.
Paradossalmente, le cose
migliorarono quando Charles Xavier la
prese sotto la sua ala, per inserirla poi nel gruppo dei Nuovi Mutanti. Insieme a loro, Rahne aveva rischiato la vita più di
una volta, ma aveva anche imparato il valore dell’amicizia, era cresciuta in un
ambiente che poteva chiamare famiglia, ed aveva imparato ad amare…
Alla fine, i Nuovi Mutanti si
erano sciolti, e tante altre cose erano successe. Ad un certo punto, lei si era
sentita come un ramoscello spezzato preda della corrente di un fiume impetuoso,
incapace di prendere le redini della propria vita, divisa fra la donna e la
lupa.
Scoprire che, alla fine, non
era una mutante, ma un ibrido, la figlia di un uomo e di una vera licantropa[i], era
stato un importante punto di svolta, perché nello stesso giorno aveva scoperto
l’esistenza del Popolo, della sua
gente, dei suoi simili. E con orgoglio, aveva alla fine accettato di portare il
titolo di protettrice della sua gente, insieme ad un assortito branco -nel vero
senso del termine- di lupi mannari, il Power
Pack.
E, cosa ancora più importante,
si era innamorata di nuovo…ma questa volta per davvero, non un flirt, non una
passione guidata da condizionamenti mentali o un amore ‘impossibile’, ma un
vero rapporto che sarebbe, fra poche ore, sfociato nel passo più importante
della sua vita.
Si trattava solo di
sopravvivere a quelle ore.
MARVELIT presenta
POWER PACK
Episodio 25 - Marcia Nuziale
“Mia Rjein, ti prego!” uggiolò la voce dall’altra parte della porta.
“Ma perché?”
“Via, vai via!” ripeté Rahne,
nella sua forma umana. Era in bagno, accovacciata in cima ad un mucchio di
sabbia igienica, intenta a raccogliere la sabbia sporca di sangue in una palla.
“Nel giorno delle nozze, gli sposi non si devono vedere fino al momento di
trovarsi sull’altare. Fuori, Jon Talbain!”
Si udì un ultimo, debole
grattare alla porta, poi il rumore di passi artigliati che si allontanavano.
Rahne sospirò, e terminò il lavoro. Accidenti,
quanto sangue! Il suo corpo stava dando in escandescenze, come se sapesse
cosa sarebbe presto successo. Jon stesso sembrava circondato da un’aura di
ferormoni, il suo odore era diventato un aroma irresistibile…
Smettila smettila smettila!
Rahne depose la palla in un sacchetto di carta, lo mise nel cestino dei rifiuti
e andò a lavarsi le mani. Si sentiva percorsa dall’eccitazione come non mai. Sto per sposarmi, sto per sposarmi, sto per…
Già che c’era, si sciacquò la faccia con l’acqua gelida. Chiuse l’acqua, e
restò per qualche minuto a contemplare il suo volto gocciolante allo specchio.
“Se qualcuno ha qualcosa da dire, parli ora o taccia per sempre…”
Era felice? Sì. Aveva paura?
Tanta: paura che qualcosa impedisse la cerimonia; non avrebbe sopportato un
ritardo. Paura per il suo compagno. Da qualche parte nella sua mente, si
agitava ancora irrequieto lo spettro della morte di Douglas Ramsey. Era il primo ragazzo a cui lei avesse voluto bene,
un mutante anche lui…ed era morto sotto i colpi di pistola di un umano[ii].
Morto per difenderla…
Rahne sospirò. Aveva paura che
qualcosa potesse tenere lontani lei e Jon, ma questa era una di quelle
sensazioni indefinibili, basate solo sul timore. Nel caso di Hrimhari, per esempio, non lo era. Lui
era un vero lupo, Principe della Foresta Incantata di Asgard, e alla fine lei
aveva dovuto scegliere fra lui e la propria casa[iii]…
No, qui era perfetto. Era fra
i suoi simili, era una loro eroina a tutti gli effetti, aveva un branco intero
al suo fianco, e Jon era il maschio più bello e dolce che avesse mai avuto la
fortuna di incontrare…ed era il Sidar-Var,
il Campione dei licantropi, un guerriero feroce e forte.
Rahne prese l’asciugamano e si
strofinò la faccia, sentendosela arrossire di nuovo. Era bello fare qualcosa di
importante per gli altri, sentirsi adorata…ma per troppo tempo aveva dovuto
rinunciare ad una vita propria, ad una famiglia, ed ora stava per compiere il
primo passo giusto in quella direzione.
“Dio,
è bellissimo.”
“Non prendertela a male,”
disse il nero licantropo conosciuto come El
Espectro. “È solo una vecchia superstizione. Anche un cattolico si
comporterebbe allo stesso modo.”
“Immagino che tu abbia
ragione.” Jon scodinzolò nervosamente. “Ma non è una nostra abitudine. *sigh* Almeno ha accettato una cerimonia ibrida.”
Procedevano per la Main Street
di Starkesboro. C’era una specie di elettricità nell’aria, si vedeva nei volti
dei mannari in forma umana e nella postura di quelli che prediligevano la forma
pelosa. Più d’uno lanciò chi un saluto, chi un abbaio di incoraggiamento al
futuro sposo.
“Coraggio, hombre,” fece Carlos Lobo, dandogli una
pacca consolatoria sulla schiena. “Quando vedrai la tua bella sposina in
bianco, scoprirai che l’attesa sarà valsa la pena.”
“Sarà valsa la pena quando
potremo accoppiarci. Una cerimonia serve a poco, se dopo non si prepara una
cucciolata. Io e Rahne dovremmo passare questo tempo a rinforzare sempre più il
legame fisico.”
Espectro tossicchiò. “Ed io
che ti credevo un romantico, da come te la coccolavi. Un consiglio, amigo: cerca di non essere così
‘schietto’ durante la cerimonia, o la prima notte la passi in bianco. Per conto
mio, se mai dovessi sposarmi, rispetterò tutte le regole dell’etichetta.”
“A questo proposito, c’è
qualcosa di cui dovremmo parlare, Carlos,” disse una nuova voce dietro di loro.
I
due lupi si voltarono, ed incontrarono lo sguardo severo di un maschio
rossiccio in armatura: Sir Wulf, il
capobranco del Power Pack. “Seguitemi.”
“Riti umani!” la femmina
antropomorfa dalla pelliccia e la lunga cresta nera che le correva fino alla
coda sbuffò indignata. “Il matrimonio si fa una volta sola, e vorresti
inquinare una cerimonia bella come la nostra con quel…quel…”
“Matrimonio in bianco, si
chiama, Alexia. E se a Jon sta bene…”
“Ti prego!” la licantropa fece scattare le mascelle e fliccò le
orecchie. “Mio fratello è talmente innamorato di te che si strapperebbe la pelliccia
di dosso se glielo chiedessi. Per fortuna, il resto della famiglia è ancora
attaccato alle tradizioni. Per questo, ecco qua un simbolo del compromesso.”
Indicò con una mano artigliata la scatola che giaceva sul tavolo in mezzo a
loro.
Rahne lanciò un’occhiata
sospettosa alla scatola. Istintivamente, diede un’annusata, prima di ricordarsi
che era da maleducati. Sospirò. “Va bene. Immagino che sia sempre meglio che
prendersi a morsi…” Sollevò il coperchio, e… “Oh. Ma è…” cosa poteva dire,
onestamente?
Sì, il disegno era stupendo. Anche con le mani coperte
di pelliccia, si avvertiva molto bene la sericità del tessuto. I ricami erano
magnifici…
“Tessuto di molecole
instabili,” precisò Alexia. “Se dovessi rinsavire ed assumere un aspetto
consono, alla cerimonia, almeno avrai subito l’abito adatto.”
Rahne le lanciò un’occhiata di
traverso. Sollevò l’abito, in cerca disperata di qualcos’altro da dire, ma, di
nuovo, cosa poteva dire? L’abito era…
“Qualcosa di azzurro, qualcosa di rosso,
qualcosa di nuovo e qualcosa di prestato, giusto?” declamò la licantropa
contando le voci sulle dita. “Almeno, qualcosa di rosso c’è, ed è anche di buon
augurio. Lo ha commissionato mia madre alla migliore sarta della comunità.
Un abito matrimoniale
bellissimo, bianco e rosso. La gonna,
per la precisione, era rossa, fatta di fini merletti del colore del sangue
mestruale che lei stessa aveva poco prima ripulito in bagno. “Un
buon…auspicio?”
Alexia abbaiò un, “Ma certo.
Il colore del mestruo è un ottimo auspicio di tanti figli! E poi, a giudicare
dalla tua condizione, non farà che riflettere il tuo stato durante la luna di
miele.”
Rahne si sentiva avvampare.
Avrebbe voluto trasformarsi e scavare una buca molto profonda.
Alexia rise di gusto, per poi
gettarsi a terra e rotolarsi un paio di volte. Si mise gattoni e si scosse un
po’. “Scusami, cucciola, ma raramente mi capita di incontrare una così
innocente come te. Capisco perché Jon sia così attratto da te.”
“Sì?”
Alexia si mise in piedi e le
si avvicinò…per poi darle una leccata sul naso, facendola sobbalzare. “Qui a
Starkesboro sono pochissimi ad averne passate di brutte come te, e sono
diventati dei gran cinici. Tu, invece, sei rimasta fondamentalmente pura nel
cuore. Mi piacerebbe essere un maschio per corteggiarti.”
“Alexia!” istintivamente,
Rahne assunse la sua forma intermedia. Abbassò coda e orecchie, coprendosi il
seno con un braccio.
Lei fece un cenno dismissivo.
“Lo so, lo so. Ti sembro sfacciata, ecc. ecc… Rahne, questa è la nostra natura, Jon deve avertelo spiegato. Diamo
al contatto e all’espressione fisica molta più importanza di quanta ne diano
gli umani, soprattutto fra membri di una stessa famiglia. Noi rispetteremo i
tuoi costumi, Rahne, ma sappi fin da ora che l’inibizione non è ben vista da
nessuno, qui, salvo quando sia necessaria.”
Rahne osservò fissamente la
licantropa. “Vi chiedo solo il tempo necessario ad abituarmi. Non vi deluderò.”
“Ci
contiamo. Ed ora, torna alla tua forma glabra e spogliati, che bisogna provare
l’abito. Le damigelle d’onore saranno qui a momenti. Bisognerà darti una sistemata
come si deve.”
“Che cosa?!?” ruggì
Espectro, balzando in piedi e tendendosi come una molla, snudando le zanne.
“Siediti,” comandò con molta
calma Sir Wulf. Lo fissò negli occhi, facendo presa sui suoi istinti, forte
della propria posizione di alfa… E, finalmente, Carlos si mise seduto con un
ultimo brontolio.
Wulf si rivolse a tutti gli
altri membri del Pack: Il Predatore nel
Buio, Fenris di Asgard, Warewolf, Kodi, Nightwolf, Maximus Lobo, Ferocia,
Hellwolf, Volk, Sorella Ursula e il giovane Nicholas Gleason. A fianco del maschio rosso stavano il suo
compagno Karnivor e lo stesso
Talbain. “Ve l’ho detto e lo ripeto: una volta consumato il primo accoppiamento
Jon Talbain e Wolfsbane diventeranno i nuovi alfa di questo branco, e da loro
prenderemo gli ordini senza discutere. La nostra esistenza sarà dedicata a
proteggerla da ogni male, così come altrettanta protezione dovranno avere da
noi i suoi figli. Dal momento in cui la luna di miele sarà consumata, lupi,
saremo più che mai legati al destino della nuova coppia alfa, che avrà diritto
di prima scelta per ogni decisione relativa alla propria sicurezza.
“Nello stesso periodo, ognuno
di noi avrà diritto a formare una coppia, ma solo all’interno del branco. La
nostra coesione dovrà essere rinforzata come non mai.”
“E Gloria?” ripeté Carlos. “Io…non potete
tenermi lontana da lei, o costringerci a diventare baby-sitter di questi
maledetti cuccioli ancora prima che…” una fitta di dolore terrificante avvolse
il suo cervello, e solo quando ebbe sibilato a stento un ‘Va bene’, che la
morsa mentale lo lasciò andare.
“Non ti sarà impedito di
vederla, se dovessimo capitare dalle sue parti, o se per una qualunque ragione
avessimo bisogno di lei,” disse Karnivor, pronto a lanciare un altro psi-colpo
se necessario. “Ma lei non è branco, e non appartiene al Popolo. Sarebbe un
peso per la nostra missione.”
“Un peso?” Carlos puntò un artiglio in direzione di Nicholas, che
istintivamente si rannicchiò dietro alla possente figura di Maximus. “E quello come lo chiameresti?? Lo abbiamo
preso fra noi e avrà sì e no l’età per prendere a graffi un bambino! Gloria è
la mia donna, e ha dimostrato di essere utile, almeno…”
“Non neghiamo la sua utilità,”
riprese Wulf. “Ma, ripeto, non possiamo permetterci di introdurla nel branco.
Quanto Nicholas, egli è del Popolo, e lo
abbiamo accettato come parte del branco nel momento in cui Lobo lo ha preso
sotto la sua protezione. Qualcuno ha altre domande?”
“E se si volesse lasciare il
branco e basta?” intervenne Nightwolf sollevando una mano guantata di nero. Lui
era l’unico ad avere un aspetto umano sotto il costume, soprattutto perché era
un uomo e non un licantropo. Se non fosse per quel costume magico, non avrebbe
neppure mai saputo di questa gente pazzesca… “Insomma, non mi sembra che ci
siano le premesse per fare un buon lavoro di squadra, se la squadra è tenuta
insieme a forza…”
Sir Wulf annuì. “Niente vi
impedisce di lasciare il branco in qualunque momento. Alcuni di voi,” e il suo
sguardo andò a Fenris, il più grande e robusto dei presenti, dal pelo nero e
con indosso solo un lungo perizoma bianco con fregi dorati, ampi bracciali
d’oro e con una spada al proprio fianco, mentre una catena d’oro era avvolto al
suo braccio sinistro. “Hanno sicuramente il potere ed i mezzi per sopravvivere
al di fuori del Power Pack, ma altri, incluso te Carlos, hanno troppi nemici,
primo fra tutti Thulsa Doom, pronti a
combattervi ed a sterminarvi. Se abbandonate il branco, non ne sarete
soccorsi.”
Carlos, a quel punto, lanciò
una nuova occhiataccia al suo alfa. “Posso almeno chiedere che lei sia guardata
dal Popolo? In fondo, adesso ha il
nostro sangue…”
Wulf annuì. “In questo
momento, Glory Grant e tutti i nostri ‘associati’ umani sono sotto la nostra vigilanza:
se dovesse succedere loro qualcosa che richieda il nostro intervento, ne saremo
informati.”
Carlos
si rilassò...ma durò poco. Un attimo dopo, la porta della sala delle conferenze
del Municipio si aprì, ed entrò, nella sua forma umana, il Sindaco Steward. “Vi chiedo scusa, protettori: gli ospiti sono
arrivati.”
Come donna di scienza, data la
sua particolare branca di studio, ne aveva viste veramente tante, nel bene e
nel male.
Si era aspettata chissà che
cosa, quando Rahne le aveva detto che Starkesboro l’avrebbe…sorpresa, ma tutto
quello che vedeva era solo l’ennesima, placida cittadina dell’entroterra
americano. Un posto ameno, senza automobili in giro, e persone che scoppiavano
di salute. I soliti sguardi diffidenti riservati ai forestieri…
“Mi piacerebbe che esistessero
più posti ‘sorprendenti’ come questo, al mondo.” La donna si sistemò il taileur
e poi i capelli rossi e folti, tagliati corti.
“Non lo dica due volte,” disse
la ragazza al suo fianco, una giovane ventenne. Tutto nel suo aspetto diceva
che si trattava di una nativa americana. Il suo corpo era magro e muscoloso,
forgiato da anni di combattimenti. Si guardava intorno con cautela, esaminando
da cima a piedi, con occhio esperto, ognuno di quei ‘cittadini’. “Sono
licantropi. Tutti.”
La donna spalancò gli occhi.
“Cosa? Come fai a..?”
“Percepisco la loro vera
natura, le loro emozioni, i loro pensieri. È come quando incontrai Rahne la
prima volta. Non mi sbaglio.” La ragazza si massaggiò una tempia. “Diffidenza,
astio, curiosità…e qualcos’altro. E’ come se le loro emozioni fossero un guscio
su qualcosa di più puro...” Rahne era
così, pensò. Un cuore puro come una
gemma chiuso in un guscio di emozioni contrastanti. Questa gente si nasconde,
ci teme perché siamo umani… E prima che potesse completare quel treno di
pensieri, si trovò a fissare il Power Pack! Da
dove diavolo sono venuti?!
E cosa importava? Chiese
un’altra parte di lei. Sapeva solo che la sensazione di potere che emanava quel gruppo le dava le vertigini…
E riconobbe in particolare uno
di loro, anche se la sua forma era antropomorfa: “Fenris…”
“Ahh, la mezza valchiria,”
sibilò il gigante oscuro, avanzando di un passo, istintivamente spingendo la
ragazza a fare un passo indietro. “Speravo di incontrarti personalmente, un
giorno.”
“Ne discuterete dopo,” il
capobranco sollevò a metà un braccio. Lo riabbassò e fece un inchino alle due
donne. “Dott.ssa Moira MacTaggart, Danielle Moonstar,
io sono Sir Wulf,” e fece il giro completo delle presentazioni, terminando con
“Jon Talbain, sposo di Rahne. Benvenute; confido che abbiate fatto un buon
viaggio.” E stese una zampona a Moira, che la prese esitante, scoprendo
un’insolita delicatezza in un arto così robusto. “Io, uh…grazie. Voi siete..?”
“Una parte della famiglia di
Rahne, per così dire. ‘Compagni di avventure’ sarebbe alquanto riduttivo,
parlando di un branco di lupi.”
Lo sguardo della donna volò a
Espectro, al Predatore e a Volk -aveva un’ottima memoria, e sapeva che il
mutante licantropico era un evaso dalla Volta, coinvolto precedentemente in un
giro di criminalità organizzata insieme al defunto fratello Eduardo. Degli
altri due, uno era un…turbolento amico di Wolverine, mentre l’altro, così come
un’infinità di persone, era stato un suo avversario; un ex agente del KGB
trasformato in lupo mannaro dalla scienza…
Il folto gruppo si incamminò
lungo la Main. Moira era stordita dall’odore che emanava una simile quantità di
pelliccia in un posto solo.
“Posso immaginare la natura
delle sue perplessità, Dottoressa,” disse Wulf. “Ciononostante, allo stato
attuale sono infondate.”
Prima che la donna potesse
rispondere, Danielle disse, “Dove posso trovare Rahne?”
“Stiamo andando da lei.”
“Oh.” Osservò la femmina
introdotta come Sorella Ursula. Di religioso aveva ben poco, anche come
mannara, volendo escludere il crocifisso d’oro che brillava al suo collo. Per
il resto, indossava una canottiera sottile grigia e un paio si short pure grigi
ed estremamente aderenti. La sua pelliccia era di un rosso acceso, dalle estremità
nere come la sua criniera -salvo fatto per un ciuffo bianco sulla fronte.
Danielle ricordò che quella era una particolare razza di lupi molto rara. Una
specie di geroglifico le copriva l’occhio destro. Legate alla schiena c’erano
due fondine: da una spuntava l’elsa di una spada; dall’altra, se non si
sbagliava, quella di una lancia.
Danielle si schiarì
discretamente la gola. “Ursula…Sorella? Come mai hai scelto questo nome?”
“Ero una suora, prima di
venire condannata alla segregazione a causa della mia licantropia,” fu la
laconica risposta. “Ho mantenuto il mio nome ecclesiastico perché non ho mai
smesso di credere in Dio, nonostante le mie ‘sorelle’ pensassero di farmi
morire di fame in Suo nome. Cerco di non praticare la violenza, ma non intendo
allo stesso tempo permettere a un nemico di fare del male ai miei compagni.”
“Oh.” Ma cosa le stava
prendendo? Dal momento in cui era entrata a Starkesboro, si era sentita come se
una mano invisibile le stesse agitando le viscere. Aveva paura, non poteva
negarlo, e istintivamente si stava tenendo pronta a combattere per la propria
vita. E, a giudicare dal lieve pallore di Moira, la donna stava mantenendo un
ferreo autocontrollo per non cedere al terrore…
“Non vergognatevi di sentirvi
a disagio,” disse Sir Wulf. “Alla presenza della nostra gente, è normale per
voi umani. Anzi, mi complimento con voi per il vostro autocontrollo.”
Deviarono per una stradina
laterale che dava leggermente in salita, fino ad una villetta di mattoni dai
colori caldi autunnali. “Permettetemi di accompagnarvi. Gli altri resteranno di
guardia qui.”
I tre si incamminarono lungo
il vialetto, mentre gli altri lupi formavano un semicerchio in prossimità del
cancelletto.
Giunsero alla porta, e
Wulf bussò con le nocche.
La porta si aprì. “Sono loro,
dunque?” Alexia Talbain squadrò Moira e Danielle da capo a piedi con
un’occhiata severa e le annusava a distanza. “Hmm, due femmine forti, molto
forti. Rahne non ha che buone parole per voi. Spero siano fondate.” Si fece da
parte, lasciando che le ospiti entrassero per prime. “È in camera da letto.”
La porta della camera si aprì.
Rahne, in forma umana, accudita da un piccolo sciame di lupe, aveva indosso il
suo abito che le lasciava le spalle scoperte. Mancava ancora il velo, che
giaceva sul letto insieme ad un sottile collare dorato su cui erano incisi due
lupi, un maschio ed una femmina, in posa di caccia l’una a fronteggiare
l’altro.
“Alexia, se era Jon, ripetigli
che fino a…” Le parole le morirono in gola. Sul suo volto si alternarono in un
istante stupore e poi una gioia di rara intensità. “Dani! Mamma!” E senza aspettare un secondo corse ad abbracciare,
ricambiata, le due donne più importanti della sua vita. Nonostante le avesse
viste poco tempo prima, incontrarle in questo giorno speciale… “Grazie, grazie
per essere venute! Non sapete quanto sia importante…”
“Oh, lo sappiamo, piccola mia,
lo sappiamo,” disse Moira, accarezzandole i capelli. “Non avremmo perso questo
giorno per niente al mondo.”
Danielle si limitò a tenerla
per le spalle, godendo della felicità trasmessa dal loro legame, ed era
qualcosa di intenso come un sole, caldo e bellissimo. “Non posso dire che non
sia una scelta…originale,” celiò, “ma sono sicura che è la migliore. È un
maschio potente e gentile, e le sue emozioni sono solo per te. Che il Grande
Spirito possa vegliare sulla vostra unione.”
Rahne annuì. “Lo so. E,
grazie. Davvero.”
“Hai un abito davvero stupendo,” commentò Moira. “Chi te lo ha
dato?”
“Questo e le damigelle,”
indicò le tre lupe, che fecero un pronto inchino all’unisono, “vengono dalla
famiglia di Jon. Hanno assistito sua madre.”
Moira andò alla finestra.
Scostò una tendina, e li vide lì, in vigile guardia, immobili come statue.
Aveva un milione di domande da fare ad uno di loro, ma non riusciva a sentirsi
a suo agio alla presenza di tutti…quei…
“Desidera che lo faccia venire
qui da solo?” chiese Sir Lupus, facendole venire un mezzo accidente -e che
diavolo, era alto due metri, era in armatura, e si muoveva leggero come uno
spettro!
Recuperato un etto di fiato,
la donna annuì. Allo sguardo terrorizzato di Rahne, aggiunse, “Lo incontrerò
nel salotto, grazie. E gradirei anche qualcosa di forte, credo che ne avrò
bisogno.”
Uscirono fuori, lasciando
Rahne e Danielle sole con le lupe.
Una di loro prese una spazzola
dal manico d’avorio da un vassoio d’oro e disse, “Abbiamo terminato con
l’abito. Assuma la forma ferale, per favore.”
Rahne sospirò. “Devo proprio?”
Ma lo stesso si concentrò, e un attimo dopo, una lupa dal pelo rossiccio aveva
sostituito la ragazza.
“Non credevo di averti mai
vista oggetto di così tante attenzioni da quando ti rifacemmo il look a quel
pigiama party,” fece Danielle con un sorrisetto sagace.
Le lupe stavano facendo un
lavoro di grooming impeccabile,
dandoci dentro con spazzole ed essenze in polvere che mescolavano usando chi
gli artigli come pettini e chi la lingua. <Ti odio,> comunicò l’amica
attraverso il loro rapporto mentale.
Danielle si concentrò, mentre
si metteva seduta sul letto. <Aspetta a vedermi eseguire canti cheyenne al posto
della marcia nuziale.>
<Non oserai!> comunicò lei con tanta di quella foga, che le
ancelle si irrigidirono a loro volta. Rahne uggiolò ed abbasso le orecchie e la
testa. <Scusatemi, io…>
Il grooming riprese come se nulla fosse stato. <Non ti devi scusare,>
disse Danielle. Scese dal letto, ed andò ad abbracciare la lupa, lasciando che
l’altra le posasse la testa su una spalla. “Sono io che ti devo delle scuse.
Non ti ho scritto neppure una lettera per così tanto tempo, e mi metto a fare
battute stupide.”
“Signorina,
per favore,” disse un’ancella, gentilmente, ma insistente. Dani andò a
rimettersi da parte.
“Devo chiederglielo, Jon,
perché Rahne per me vale come una figlia. Le voglio tutto il bene del mondo e
se le succedesse qualcosa…”
Stavano in ginocchio su un
tappeto a motivi di erba, separati da un tavolino laccato su cui stava un
raffinato set completo da the.
Jon non aveva toccato un
goccio della sua ciotola. Alla frase della donna, sollevando una mano, disse,
“Dottoressa, sarà più al sicuro al mio fianco e sotto la protezione del branco
di quanto non lo sia mai stata in vita sua. Nessun fanatico potrà solo
avvicinarsi a lei, nessun nemico le farà del male fin quando Gaea mi concederà
un alito di vita. Quanto alla fedeltà, sono quello che sono, un lupo nel mio
sangue. La mia specie considera aberrazioni coloro che fra di noi solo
considerano l’infedeltà coniugale. Se dovessi mai tradire Rahne, perderei ogni
possibile beneficio, diventerei un esiliato da ogni comunità licana, senza
onore.”
Lei vide che il mannaro era
sinceramente indignato -ammesso che sapesse interpretare bene i segnali
corporei e il tono di voce, il tutto condito da quella…ancestrale paura che
cercava di venire a galla. Fu molto brava a non fare trasparire il proprio
turbamento. “È buffo. In un certo senso, non ho mai immaginato che mia…che la
mia Rahne potesse diventare veramente adulta. Ho combattuto una vita perché
arrivasse questo giorno, e…e ora cercherei di riportare indietro il tempo, per
riavere la bambina che dipendeva da me…
“L’unico figlio naturale che
abbia mai avuto era Proteus, ed era
un pazzo fuori controllo. Mio marito era un violento, e non posso dire che con
Charles Xavier le cose siano state tranquille. Avere a che fare con gli X-Men e con i mille problemi ad essi correlati
mi ha sempre impedito di costruirmi una vita. L’unico punto fermo era Rahne,
anche quando prese a militare nei Nuovi Mutanti. Riusciva sempre a tornare da
me, qualche volta…e…” Stava per mettersi a piangere, quando un’enorme zampa
sulla spalla la interruppe.
Sollevò la testa, ad
incontrare gli occhi gentili del guerriero lupino. “Mi creda, Moira: Rahne è la
mia anima, la mia vita. E solo la morte può separare una coppia di lupi. Ma non
per questo sua figlia la dimenticherà, no; Rahne la ama troppo anche solo per
pensare ad una cosa simile. Diciamo che le visite a casa potrebbero farsi…più
rade.”
Moira sorrise, ma fu solo un
momento. “Posso immaginare perché vi teniate nascosti al mondo… Ci sono molti
mutanti che si comportano esattamente come voi...”
Jon ritirò la mano, ed abbassò
la testa, gli occhi velati dalla tristezza. “…”
“I vostri mutanti, a seconda
del paese, sono protetti da leggi. Possono combattere apertamente per la loro
causa ed integrarsi col resto della società. A noi questo lusso non è concesso:
fino a quando il Dio-serpente Set non sarà stato annientato del tutto, il
Popolo sarà perseguitato senza scampo.
“Dottoressa, Rahne è branco e
noi ci fidiamo della sua parola come della nostra stessa parola. Se ci dice che
lei e Danielle non ci tradirete, le crediamo. Ma devo avvertirla: se dovessimo
scoprire che siete venute meno al vostro impegno…” non aggiunse altro, non ne
aveva bisogno.
Jon
sollevò lo sguardo verso il capobranco. Set,
già… Questa sarebbe un’ottima occasione per lui od i suoi accoliti di attaccare
da qualche parte senza che noi possiamo interferire, eppure la sua nefasta
presenza sembra essersi molto indebolita. Perché?[iv]
“Così..?” Danielle lanciò
un’occhiata dalla finestra al branco che vigilava. Di tutti i lupi, solo Fenris
sollevò lo sguardo verso di lei. La cheyenne represse un brivido. “Fenris è
veramente dalla tua parte?”
Rahne, ora nella sua forma
ibrida, con il vestito che si era adattato ad essa, scosse la testa. Le ancelle
le stavano mettendo il collare d’oro. “Posso immaginare cosa pensi, Dani, ma Thor in persona è pronto a fidarsi,
anche se con le dovute riserve.”
“Già.” Danielle si allontanò
dalla finestra. “Mi dispiace che gli altri non siano potuti venire. Spero che
ci sarà un fotografo, alla cerimonia…” aggrottò la fronte, di colpo
preoccupata. “Rahne?”
La giovane licantropa si era
messa seduta accanto a lei. Teneva serrate le gambe mentre con una mano si
stringeva il ventre, come se fosse in preda ad uno spasmo, e il suo volto era
teso, le zanne snudate. Per canto loro, le damigelle sembrarono improvvisamente
preda di un certo timore. Avevano assunto forma ferale, e si erano rintanate in
un angolo, le code basse e le orecchie piatte, e uggiolavano in segno di
sottomissione.
Danielle non ebbe bisogno di
fare domande. I suoi occhi videro la striscia di sangue colare lungo la
caviglia, mentre attraverso il legame mentale, avvertiva come propria ogni
sfumatura del bruciante desiderio che accompagnava quella crisi.
Prese l’amica per le spalle, e
alle altre lupe quasi ringhiò, “Che state facendo lì impalate?! Una di voi vada
a prendere qualcosa per arrestare la perdita. Adesso!”
Una lupa obbedì, anche se in bagno ci andò quasi strisciando, e
mantenendo lo sguardo fisso su Rahne per tutto il tempo…
Un attimo dopo, si udirono i
colpi alla porta. “Rahne! Stai bene?”
chiesero all’unisono Jon e Moira.
La licantropa, ancora
ansimando, disse con un filo di voce, “Dì loro di allontanarsi. Passerà…”
“Sta bene, è solo una cosa
di...femmine. Per favore, non angosciatevi.”
Jon allontanò la mano dalla
porta. Poi, sorprendendo il maschio e la donna, un luminoso sigillo apparve sulla porta; subito
dopo, ogni suono ed odore dalla stanza furono bloccati da un’invisibile barriera.
Jon si voltò ad incontrare lo
sguardo di bonario rimprovero di Wulf, il quale disse, “Sono stato io a
chiedere a Ferocia di porre il sigillo. Cerca di restare calmo, d’accordo?”
Moira lo vide annuire, anche
se la tensione gli faceva tremare il muso e le mani. E una parte di lei era
preoccupata che una simile feracità non fosse salutare per l’equilibrio
psicologico di Rahne…
“Desidera fare un giro della
città, dottoressa?” suggerì Wulf. “Magari vedere un po’ di colore locale
l’aiuterà a placare qualche sua inquietudine.”
“Forse non è una cattiva idea,
dopotutto.”
Wulf ringraziò fra sé e sé il
suo compagno per l’idea di stabilire un ponte mentale sui pensieri della donna.
“Oh, Dani, come mi sento imbarazzata.”
Le ancelle stavano pulendo la
giovane, ora nella forma umana, sdraiata sul letto usando polvere finissima e
un panno imbevuto. Danielle stava accarezzando una mano della sua amica. “Non è
niente; succede sempre nel momento meno opportuno, in fondo.”
Rahne scosse la testa. “Non è
questo. È il…desiderio. Solo il
pensare a lui scatena questa…questa… *sigh* lo voglio adesso, Dani! Vorrei
stringerlo a me e unirmi a lui in mezzo a una radura, sotto la Luna. Non ho mai
provato qualcosa del genere con una simile intensità. Credevo di essermi
comportata come una invasata con Hrimhari, una volta, e non era che un fuoco
fatuo di fronte a questo. Spero tanto
di non rovinare tutto quando saremo davanti all’altare, morirei di vergogna.”
“Se possiamo permetterci di
suggerirlo, milady,” disse una delle damigelle, “perché non fa le cose secondo
tradizione?” Allo sguardo interrogativo delle due giovani, aggiunse, “La coppia
alfa si unisce davanti agli altri membri del branco per prima cosa, per
suggellare il proprio status e mostrare nei gesti la solidità dell’unione. Poi,
consumato il primo accoppiamento, si passa al rituale di giuramento di fedeltà
davanti a Gaea, e a quel punto, sempre insieme al branco, si consuma il resto
della luna di miele. È in quel periodo, che la gerarchia viene stabilità
definitivamente. Si formano le sottocoppie, di solito unisessuali e il branco
forgia la propria unità. Le reazioni del suo corpo, milady, non fanno che
sottolineare qualcosa che è vecchio come il Popolo.”
Rahne si mise seduta. “Vuol
dire che sto sbagliando tutto? Che…” sollevò un orlo dell’abito “Che non posso
neppure permettermi un matrimonio come l’ho sempre sognato?”
“Neanche
per idea!” scattò Danielle. “Ascoltami, peldicarota: se è questo che hai sempre
voluto, è questo che avrai, e Jon non avrà nulla da ridire: lui andrebbe a
prenderti la proverbiale luna, se glielo chiedessi. Noi siamo qui, e non ti
molleremo un attimo. Andrà tutto bene, OK?”
“Buon pomeriggio, Dottoressa MacTaggart. Io sono la Sacerdotessa.”
La donna, bionda, dalla pelle così chiara che sembrava uscita fuori da una
vecchia stampa medioevale, e i tratti delicati e nobili tali da sembrare
vagamente elfici, fece un profondo inchino all’indirizzo della scienziata. “Le
siamo infinitamente grati per essersi occupati di Rahne così bene. È raro
vedere forza e gentilezza così bene equilibrate in un membro del Popolo.”
Di fronte a questa creatura,
Moira sentì ogni istintivo timore svanire come d’incanto. Con la coda
dell’occhio, vide che Sir Wulf e Talbain si erano chinati a terra su un
ginocchio, la testa bassa in sottomissione anche se le orecchie erano erette.
“Deve ringraziare più mia
figlia che me. È una creatura meravigliosa,” fece Moira tendendo la mano. Fu
ricambiata da una stretta delicata. “Dunque, lei è una Votata?”
“Ah, Sir Wulf le ha detto
della nostra storia, vedo. Sì, sono una dei pochi umani la cui volontà è stata
più forte della maledizione di Set.”
“Veramente è stato Jon, e sì,
me ne ha parlato mentre venivamo qui…e sono sorpresa, devo dire, di pensare che
i conflitti fra uomini e lupi dipendano da un rito magico.”
La Sacerdotessa scosse la
testa. “Credo che abbia male interpretato: la maledizione non ha a che fare con
la normale competizione naturale. La maledizione riguarda la paura. Il terrore irrazionale che l’Uomo
avverte nel trovarsi di fronte al Popolo. Ci pensi: avete avuto a che fare con
gli alieni, mutanti dall’aspetto più…sconvolgente, eppure, trovarvi di fronte
ad un licantropo genera una paura che sfocia nell’odio. Questo, nonostante in
un licantropo scorra sangue umano, nonostante molti di loro, come lei stessa ha
potuto vedere, sono capaci di raziocinio esattamente come un essere umano…o un
mutante dall’aspetto animalesco.”
“Sarà perché, nella storia, i
licantropi sono associati ad assalti e violenze di vario livello.”
“Conveniente ignoranza…o
dimentica che nel folklore di tutto il mondo ci sono molti casi di licantropi
benigni?”
“…”
La Sacerdotessa sorrise.
“Coraggio, dottoressa: non ho intenzione di iniziare una discussione
filosofica, oggi. Sarò lieta di riparlarne, in un momento più idoneo. Per ora,
pensiamo a ricevere la sposa.”
Moira si guardò intorno ancora
una volta, trovando in quel singolare luogo di culto dedicato al Lupo un
ambiente…sereno. Ed era vero: una volta entrata là dentro, si era sentita come
avvolta da una coperta calda.
“La presenza di Gaea e dei
Suoi eroi è molto forte, in luoghi come questo. I loro spiriti, inoltre, oggi
sono molto felici per il matrimonio; la loro benedizione è un buon segno.”
Un po’ alla volta, i
cittadini, chi in forma umana, chi in quella intermedia e chi in quella ferale,
fecero il loro ingresso. Silenziosamente, solenni, andarono a riempire ogni
scranno, lasciando libera solo la prima fila ad ogni lato. Due file di licani
in forma ferale si disposero in una fila perfetta lungo ogni lato della navata,
come vigili sentinelle sul percorso fino all’altare. Avrebbero potuto essere
scambiati per statue. Una fila, quella di sinistra, era composta di esemplari
bianchi, l’altra di neri. Moira vide che in testa ad ogni fila c’era un
esemplare ferale i cui colori ricordavano quelli di Jon. Solo che questi due,
in particolare, un maschio ed una femmina, erano più robusti ed alti degli
altri. Ma certo, i genitori.
La Sacerdotessa si stava avviando
verso l’altare, seguita da Jon. I presenti rimasero in piedi mentre, poco dopo,
attraversò la porta un cerchio dei guerrieri del Power Pack.
I lupi si disposero in fila
indiana: tenendo nel mezzo Rahne e Danielle al suo fianco, si mossero in due
file di sei, in un silenzio carico di aspettativa e solennità. Non si sentiva
volare una mosca, salvo il frusciare dell’abito nuziale sul tappeto e i passi
attutiti dal tappeto.
Tutto quello che poteva
pensare, tutto quello che poteva dire, si condensava nella figura che
l’aspettava lì, guardandola con un’intensità che la faceva sentire il centro
del mondo. Era suo, era suo marito, il suo forte lupo che l’avrebbe protetta e
amata. E lei avrebbe fatto lo stesso, lo avrebbe difeso da ogni male, gli
avrebbe dato figli forti degni di tramandare il loro nome…
Hrimhari, spero che tu ci stia guardando. Doug,
grazie per avermi fatto scoprire cosa significa aprirsi a qualcuno.
L’intensità delle emozioni
presenti era talmente intensa da darle il mal di testa. Danielle stava
veramente sforzandosi per mantenere il contatto con la sua amica quanto meno
disturbato possibile… Cosa ancora meno facile, quando la chiesa era affollata
anche da file solenni di fantasmi.
Licantropi in armatura, o in un costume dalle fogge antiche; erano dozzine,
sospesi a mezz’aria, lungo la navata ed intorno all’altare. E la loro felicità
era una forza tangibile nella sua intensità.
Avrebbe dovuto condividere
quella gioia, ma Danielle Moonstar era sempre più perplessa. Poteva capire le
logiche del branco, l’importanza che una femmina fertile avrebbe avuto per il
Pack. Poteva capire che, come protettrice del Popolo, la sua posizione era
importante per questa comunità… Ma sentiva
qualcosa, nell’aspettativa di questa gente, nelle manifestazioni soprannaturali…qualcosa
che andava oltre questo matrimonio.
Rahne è importante, così importante che gli spiriti hanno deciso di
vigilare su di lei. E lo stesso Fenris, un dio, che accetta di combattere al
fianco di questi lupi quando potrebbe essere libero… Spostò il suo sguardo sull’amica, i cui occhi ed il
suo sorriso erano solo per Jon. E decise che non avrebbe fatto trasparire nulla
di quei pensieri. Per quanto ne sapeva, potevano essere solo innocue
congetture…
Sì, e il Sole sorgeva a ovest!
Arrivati all’altare, i membri
del Pack ruppero le file per occupare le prime file vuote. E ognuno di loro si
mise su un ginocchio, uno dopo l’altro.
Danielle si mise dall’altro
lato dell’altare, per stare di fronte alla coppia. Lanciò una fuggevole
occhiata a Moira, che aveva gli occhi lucidi e un sorriso che quasi le spaccava
in due la faccia. Avrebbe dovuto condividere quei dubbi almeno con lei? Cosa
poteva fare?
Niente.
A suo merito, Danielle riuscì a
mantenere la calma, mentre davanti a suoi occhi, altri quattro fantasmi
apparvero. Allo stesso tempo, gli spiriti radunati fecero omaggio alle nuove
presenze.
I quattro spettri erano uno di
pelo bianco, uno grigio, uno rosso ed uno nero come un’ombra. Si trovavano
esattamente di fronte a Rahne e Jon…che erano immobili, assolutamente…immobili.
Immobili come ogni altro
individuo là dentro.
Ti
chiediamo scusa per questa…intromissione, sanguemisto. Noi siamo il Consiglio
del Popolo.
“Cosa volete? Perché apparite
ora?” se il Power Pack le trasmetteva una sensazione di potenza, questi esseri
trascendevano la mortalità stessa. Lei li riconobbe per quello che erano: déi.
Siamo qui
per benedire questa sacra unione, disse
la creatura grigio-acciaio.
E per
chiederti di non interferire in alcun modo nella vita della tua amica, aggiunse quella nera.
Stai
avvicinandoti alla verità, mortale, lo riconosciamo, disse il bianco. Danielle si sentiva come alla
presenza di Odino. Ma
proprio per questo devi tacerla a chi conosci. Il silenzio è vitale non solo
per la stessa Rahne, ma per la nostra gente tutta. Di più non ti è concesso di
sapere, o i nostri nemici potrebbero usarti come pedina.
La Cheyenne serrò i pugni.
“Rahne è la mia migliore amica, è una sorella per me, è ho dei doveri verso di lei.” Indicò il dio
banco. “Una volta ho sfidato a duello la Morte
per la salvezza di un uomo che per me, in vita, aveva provato disprezzo. Per
Rahne non farò di meno!”
Lo
sappiamo, fu la pacata risposta.
Anche per
questo abbiamo fondato e allargato le file del Power Pack, intervenne il rosso. Wolfsbane deve essere protetta fino a quando i
suoi figli non vedranno la luce, e per allora il branco dovrà essere unito per
proteggerli. Non tollereremo nessuna interferenza.
Il bianco mosse una mano a
placare l’astioso Consigliere. Il Popolo intero, in tutto il mondo, proteggerà questa coppia alfa. E
insieme a noi, ci saranno i Votati, ed altri alleati ancora. Siamo in guerra,
Danielle Moonstar. Tu, che sei figlia di un popolo che ha visto in faccia lo
sterminio, dovresti capire cosa significa per noi, la sopravvivenza.
“…”
Devi
fidarti, non hai altra scelta. Oppure, siamo pronti a violare la richiesta di
Rahne che nulla ti venga fatto, e cancelleremo ogni memoria di questo giorno
dalla tua coscienza, e sarai tenuta lontana dalla tua amica fino a che sarà
necessario. Dunque?
Danielle mostrò un sorriso
malizioso. “So solo che se le succederà qualcosa, giuro che la pagherete. E non
credete di farmi paura.”
Le manifestazioni non dissero
nulla, e continuarono a fissarla mentre si dissolvevano, fino a che di loro non
rimasero che gli occhi brucianti…
…E il tempo tornò a scorrere.
“Questo è un giorno di gioia
per tutti noi,” disse la Sacerdotessa. La sua voce era pacata, ma l’eccellente
acustica della chiesa la diffondeva meglio di qualunque sistema stereo. “La
Sacra Madre Gaea e l’Onnipotente posano il loro benevolo sguardo su questi due
giovani. Essi hanno fatto la loro scelta, spinti da una comunione di anime
ancora prima che dei corpi. Possa il loro rapporto essere carico di frutti,
possa la loro discendenza dare il via ad una stirpe, possano i loro nemici
essere vinti dalla forza del branco, possa il loro canto giungere alle stelle e
possa il loro cibo essere sempre abbondante e tranquilli i loro boschi.”
Poi, dopo un momento di pausa,
La Sacerdotessa scese dall’altare, ora reggendo fra le mani una corona di fiori
e di erbe intrecciate di fili d’oro. Avvicinatasi alla coppia, alzò la corona
in mezzo a loro, e disse “Figli di Gaea, tendete le mani l’uno verso l’altra.”
Loro obbedirono, e quando le
ebbero unite, la Sacerdotessa lasciò andare la corona. Questa, invece di
cadere, rimase sospesa a formare una cornice perfetta sulle mani intrecciate. E
un attimo dopo, i fili d’oro, poi quelli di erba, e infine i fiori, si accesero
di una luce intensa.
Rahne si sentì attraversare
dal vento fresco di primavera, dal gradevole fresco autunnale, e i suoi capelli
si agitarono come spinti da quella brezza. Chiuse gli occhi, e nella sua mente
vide gli spiriti che le rendevano omaggio, che cantavano con le teste levate
alla luna e alle stelle. Sentì sé stessa ripeterlo più volte, È questo il mio posto. Sono a casa.
credendo ad ogni parola.
<Sono fiera di te, figlia
mia.>
<Madre…> sua madre,
Sallara, si era manifestata accanto a lei. Era nella sua forma ferale, ma Rahne
l’avrebbe riconosciuta anche se non le avesse parlato. Una lupa stupenda,
un’immagine di quello che lei stessa sarebbe diventata con il tempo. Rahne
l’abbracciò al collo, assaporando il suo odore delicato, simile a cannella e la
sericità del folto collo. <Madre, grazie per essere venuta.>
Lo spettro sfoggiò un sorriso
a bocca aperta e le diede una leccata sul collo. <Non ti ho mai lasciato,
figlia. Ti sarò sempre vicina; dovrai solo chiamarmi, per parlarmi. Oggi
diventi adulta, e hai la mia benedizione. E non solo la mia.>
Rahne stava per chiederle cosa
intendesse dire…poi lo capì, alla vista di una figura fin troppo familiare. <Padre.> Una parte di lei si vergognò per
la freddezza che provò immediatamente, ma non poteva farci nulla. Non con
quell’…uomo.
Andrew Craig, vestito nei suoi
familiari abiti neri, aveva l’aria più mesta che uomo potesse avere.
Rahne sciolse l’abbraccio. La
lupa disse, <Non essere più arrabbiata con lui, figlia. Alla fine dei suoi
giorni, Craig ha capito di avere sbagliato, e il suo solo peccato, a quel
punto, è stato di non dirtelo.>
<Madre… Tu lo ami
ancora?>
Sallara si mise seduta. <Se
solo, come io ho potuto fare, tu lo avessi visto rodersi giorno dopo giorno, consapevole
che ogni nuovo giorno era foriero di un rinnovato dolore interiore. Non lo sai,
Rahne, ma Craig sapeva benissimo chi ero, fin dal primo giorno che ci
incontrammo.>
<Cosa? Come..?> La
ragazza alternò occhiate incredule dalla madre al padre.
<Quando divenni gravida del
suo cucciolo, egli era felice, Rahne, felice come tu quando contempli il solo
pensiero di una simile fortuna.
<Ma Craig era anche un
devoto uomo di chiesa, e giorno dopo giorno si interrogava sul nostro rapporto,
pregando per un segno, una benedizione da Dio, sapendo che gli uomini non lo
avrebbero capito. E quando io morii per il parto, lui…si sentì indegno, arrivò
a convincersi di avere commesso un terribile sbaglio. E divenne l’uomo che tu
hai sempre conosciuto.
<In un ultimo sprazzo di
amore, ti ha tenuto con sé, anche se ha negato la tua condizione con tanta
severità Ha sbagliato, ma…>
Ora Rahne si stava arrabbiando
davvero, e assunse la forma ibrida. <Madre, lui ha cercato di uccidermi! Scatenò una folla contro di
me, mi inseguirono con le torce, per bruciarmi.>
<E sbagliai,> disse per
la prima volta Craig, con una voce stanca e triste come il suo aspetto, così
lontana dai toni arroganti che lei aveva sempre conosciuto. <Anche dopo quella
notte, non ho fatto che tenere vivo il tizzone dell’odio. E ho dovuto venire
consumato dal cancro, per arrivare a riflettere sui miei errori, sulla mia
presunzione di decidere al posto di Dio. E per allora era troppo tardi.>
Ora la sua mente era devastata
da infinite domande, e il turbinio delle sue emozioni era quasi un fiume
incontrollabile.
<È vero,> disse
solamente Sallara. <Alla fine, ha capito. E ha
chiesto perdono.>
Gli occhi di Rahne si velarono
di lacrime. <Padre…>
Lui sollevò le mani, che reggevano
la familiare bibbia dalla copertina nera. Lentamente, la bibbia divenne di un
grigio cenerino, e come cenere si dissolse. Il vento trasformò la cenere in un
fiume di ricordi, frammenti della tormentata vita della licantropa.
<Ho fallito,> disse lui,
abbassando la testa. <Ti ho regalato incubi e null’altro, ti ho lasciato il
peggiore ricordo di me e ti ho negato quello di tua madre, l’unica che abbia
mai saputo illuminare la mia vita.>
Lentamente, Rahne si avvicinò
allo spirito, e lo abbracciò, stringendolo forte. Lui ricambiò, con una
dolcezza che in vita non aveva mai avuto.
<Vorrei tornare indietro,
Rahne. Vorrei riscrivere il libro della storia, darti quello che non ho voluto.
Accetterai almeno che questo vecchio pazzo ti dia la sua benedizione?>
L’ombra di un sorriso gli increspò in su le labbra.
Lei annuì, il muso rigato
dalle lacrime. <Sì. L’accetto con tutto il cuore.>
La figura di Andrew Craig si illuminò di
un’intesa luce dai mille colori, come se la sua anima si fosse fatta di
cristallo.
<Padre, cosa..?> fece la
licantropa, ma a quel punto lo spirito dell’uomo si era trasformato in un
puntino luminoso. Un attimo dopo, quel puntino divenne uno splendido fiore di
cristallo, venato dei colori dell’arcobaleno.
<Ora la tua vita passata è
davvero dietro di te, figlia,> disse Sallara, assumendo forma umana. Le posò
una mano sulla spalla. <Vivi quella che ti attende senza rimpianti.>
Riaprì gli occhi, ed incontrò
quelli di Jon.
Era di nuovo in chiesa, in
forma umana. La luce della corona era scomparsa, e così la corona stessa, che
dietro di sé si era lasciata un delicato profumo di fiori ed erba.
“Avete parlato con le vostre
guide, ed esse vi hanno benedetto” disse la Sacerdotessa. “Ora, di fronte a
Gaea e all’Onnipotente, siete marito e moglie fino alla morte ed oltre. Che
tutti lo cantino, che tutti lo sappiano.”
All’unisono, ogni lupo sollevò
la testa ed emise un potente e lungo ululato.
Jon posò il muso sulle labbra
di Rahne, e le diede un tenero bacio.
Così, cominciò davvero.